Ora sappiamo che per le piattaforme per i social network i nostri contenuti tendenzialmente sono soltanto degli asset commerciali.

Questo però non significa che dobbiamo sottovalutare, o anche soltanto mettere da parte quello che è il valore che siamo in grado di produrre, di veicolare all'interno dei nostri video, anzi rincorrere fin dalle fasi preliminari di impostazione di un progetto, quelle logiche, quei parametri che premiano gli algoritmi e quindi andando a rincorrere la visibilità, i like, i follower, le condivisioni, il numero di visualizzazioni del singolo contenuto snatura completamente la bontà di un progetto che invece, per essere efficace, per essere potente, per essere d'impatto, deve partire da ciò che siamo noi da quello che siamo in grado di offrire agli altri.

Quindi, per semplificare dalle nostre competenze che seguendo lo schema che ho riportato nella slide, determinano il valore percepito dei contenuti che produrremo solo in funzione di questo valore, si svilupperà una visibilità che è una conseguenza di ciò che il pubblico riesce a riconoscere all'interno del contenuto.

Se assecondiamo invece in modo scontato, banale, superficiale, delle logiche, per cui andiamo a rincorrere il numero di visualizzazioni, i like, i commenti.

Quindi mettiamo al centro del nostro progetto e quindi mettiamo al centro del nostro progetto la visibilità.

Non riusciremo mai a mettere a fuoco quello che siamo in grado di offrire agli altri.

È ovvio che in tutto questo andremo ad interfacciarci con un contesto che premia alcuni aspetti.

Ma e questo secondo me è l'elemento cruciale tanto della psicologia dello storytelling quanto del lavoro del Creator.

Noi dobbiamo sempre metterci nei panni dello spettatore.

Chiediamoci quante persone guarderebbero un contenuto che stiamo producendo.

Di solito rispondiamo tante, tantissime, semplicemente perché noi siamo appassionati di ciò che vogliamo raccontare agli altri, l'esercizio invece di introspezione, quel grado ulteriore di approfondimento che ci è richiesto nel momento in cui vogliamo comprendere ciò che gli altri cercano.

Ciò che il pubblico vuole ritrovare all'interno del contenuto presuppone un ulteriore esercizio introspettivo che elimina tutti i e ci fa comprendere nel momento in cui riusciamo ad affrontare questo percorso che, ve lo dico fin d'ora, non è semplice, non è banale, non è scontato, ma è essenziale.

Ci farà in qualche modo correggere delle inesattezze, delle imprecisioni un'impostazione anche concettuale, che non porta sul breve né sul medio né sul lungo periodo dei risultati tangibili.

Per rendere concreto tutto ciò che vi ho detto fin qui a livello teorico, voglio mostrarvi il primo che abbia mai pubblicato su Instagram.

Esiste davvero la bellezza oggettiva? In realtà sì, ma non è una cosa così importante come potremmo aspettarci.

Nel Duemilasette è stata condotta una ricerca per cercare di capire cosa accade nel nostro cervello quando percepisce uno stimolo estetico.

A quattordici persone sottoposte a risonanza magnetica funzionale sono state mostrate tre immagini del Dori Fero di Policleto.

Una era la copia esatta della scultura, mentre le altre due erano state modificate per alterare le proporzioni del corpo della stalla.

Mi fermo qui, tanto è più che sufficiente.

In questi venti trenta secondi si è già capito qual era il taglio della comunicazione, Cosa pensavo che potesse interessare alle persone e come avevo impostato il mio lavoro di divulgazione, cercavo di trasmettere delle informazioni molto dense um aggiungendo tantissimi dettagli, entrando sempre più nello specifico e presentando una domanda come ho aperto il Esiste davvero la bellezza oggettiva? E ho risposto immediatamente Sì, tutto il resto era semplicemente un'argomentazione necessaria scientifica per giustificare la risposta che avevo dato.

Ma per il pubblico, nel momento in cui tu chiedi esiste la bellezza oggettiva ed è una risposta.

Tutto il resto è un contorno, per quanto sofisticato, per quanto interessante dal punto di vista neuroscientifico legato alla psicologia della percezione.

Tutti temi a me, carissimi, ecco, tutto questo in un certo senso, era superfluo e soprattutto non riusciva a creare un coinvolgimento emotivo nel momento in cui avevi risolto qualunque tensione scaturita dalla domanda, dando una risposta concreta, essenziale.

Nel giro di un paio di secondi vi mostrerò invece uno degli ultimi contenuti diverso per un milione di motivi, ma che ha dei punti di contatto e su cui in qualche modo ragioneremo.

Questo è ciò che succede a un peluche quando viene amato davvero.

Tomas Love è una serie fotografica di Katia Kenz che racconta la trasformazione degli oggetti d'infanzia dopo che i bambini hanno giocato per anni con loro.

Le immagini hanno un enorme impatto emotivo e riescono a descrivere il concetto e il valore di un oggetto tradizionale.

Secondo la teoria psicoanalitica di Donald Winnicott, i peluche sono spesso il primo oggetto accettato da un bambino come il cuore di questo contenuto è, a conti fatti, la teoria psicanalitica di Donald Winnicott e quindi l'oggetto transizionale legato agli oggetti d'infanzia legato al peluche, i quali vengono presentati come in realtà i protagonisti della narrazione, perché l'apertura è dedicata ad una serie fotografica dedicata a Ennis, eccetera.

Quello che ho fatto qui, dopo aver maturato esperienza all'interno della content creation, è spostare il focus rispetto ad un gancio rispetto ad un'apertura, cercando di coinvolgere immediatamente dal punto di vista emotivo le persone che stavano guardando il contenuto per ottenere che cosa? Uno spazio, una predisposizione non dico all'apprendimento, ma alla ricezione di alcune informazioni che sono quelle che mi interessano in quanto divulgatore, in quanto creatore di contenuto, a me non interessa tanto raccontare la serie fotografica di un'artista, per quanto bravissima.

Quello è un presupposto per trasmettere delle nozioni, delle conoscenze, delle informazioni legate al mondo della psicologia e nella fattispecie della psicologia infantile e dell'apprendimento.

Questo è il mio obiettivo.

Questo è ciò che ho capito nel corso della della mia.

Passatemi il termine carriera che il mio obiettivo è fare in modo che le persone abbiano voglia di ascoltare qualcosa che reputo estremamente interessante ed intrigante, e fare in modo che da un punto di vista emotivo siano coinvolte all'interno della mia narrazione.

In un certo senso, tutto ciò che vado a costruire a livello di restituzione artistica a livello di analisi è semplicemente una scusa, o meglio un presupposto per approfondire le tematiche che mi stanno a cuore.

È un concetto che sono riuscito a mettere a fuoco soltanto dopo parecchi mesi, in realtà, considerando da quando ho iniziato a produrre contenuti dopo parecchi anni di lavoro in questa direzione, ma è una cosa che vi invito a fare fin dalle primissime fasi di impostazione del progetto.

Capite chi siete voi? Capite che cosa volete fare davvero all'interno dei social e in questo modo le vostre competenze si trasformeranno in un valore per il pubblico che ascolta, che guarda, che fruisce i vostri contenuti.

La visibilità sarà una conseguenza positiva del valore che sarete riusciti a costruire.