Chi sono le persone a cui vogliamo parlare? Questa è la domanda che dobbiamo porci nel momento in cui cerchiamo di definire e individuare il target almeno potenziale, della nostra comunicazione.

Non esistono delle regole universali per compiere questo processo concettuale.

E anche pratico piuttosto complesso.

Però voglio suggerirvi una metodologia che io stesso ho applicato e ritengo davvero efficace nel momento in cui vogliamo sviluppare una comunicazione.

Secondo me è fondamentale partire dal perché.

Qual è il motivo per cui vogliamo comunicare con gli altri? Perché, a differenza dell'individuazione del modo e quindi del come comunicare qualcosa e del cosa comunicare ci permette di sviluppare e di individuare una motivazione intrinseca.

Nel momento in cui mettiamo a fuoco il perché della nostra comunicazione, le persone riusciranno in modo implicito ad entrare in contatto con la nostra motivazione, col motivo per cui vogliamo comunicare qualcosa e di conseguenza anche sviluppare un alto grado di differenziazione rispetto agli altri Creator.

E un tasso tendenzialmente alto di originalità, perché siamo noi stessi nel momento in cui raccontiamo qualcosa.

Tutto ciò, in qualche modo, determina anche la fidelizzazione del pubblico e può perfino sviluppare un buon tasso di advocacy, e cioè il fatto che le persone, riconoscendosi nel nostro, perché nei nostri motivi, nelle nostre motivazioni, vogliono in qualche modo portare avanti la nostra comunicazione condividendo i nostri contenuti, perché si sono riconosciuti in quel motivo in quel perché ora voglio rendere più concreto tutto questo discorso teorico e vi faccio vedere uno dei miei più grandi fallimenti, il il peggior video che abbia mai pubblicato e condiviso su Instagram la C a.

Ha finanziato Pollock per vincere la guerra fredda.

Detta così sembra la trama di un film, ma è una cosa successa davvero.

Dopo la Seconda guerra mondiale, l'unione sovietica è diventata il nemico pubblico degli Stati Uniti.

Chiunque manifesti degli atteggiamenti ritenuti filocomunista viene automaticamente etichettato come sovversivo.

Questo clima da caccia alle streghe, promosso da una commissione diretta dal senatore McCarthy, si trasforma negli anni in un enorme problema di immagine per gli Stati Uniti, soprattutto a livello internazionale.

Mi fermo qui, tanto è più che sufficiente.

Ecco l'errore che ho commesso parlando del secondo contenuto, quindi per fortuna sono riuscito a correggere il tiro della mia comunicazione quasi subito, però è quello di aver dato per scontato troppe cose.

Io mi rivolgevo in quel contenuto specifico ad un target estremamente di nicchia che in qualche modo, almeno che io presupponeva, conoscesse la perfezione.

Pollock, ovviamente l'artista conoscesse la CIA, sapesse il contesto in cui intanto ha operato Pollock, quale fosse la l'atmosfera che si respirava negli anni della guerra fredda.

E tutti questi elementi per me erano in qualche modo la base della comunicazione.

Senza avere questo usiamo un termine complesso che in realtà è abbastanza semplice retroterra.

Quindi senza conoscere tutti gli aspetti che io davo per scontato, all'interno della comunicazione, il contenuto era vuoto, era freddo, non riusciva a cogliere nel segno.

E questo in realtà, per quelli che sono i miei, perché per quelle che sono le mie motivazioni, cioè trasmettere le cose che mi appassionano, la cultura visuale, la psicologia della percezione ad un pubblico ampio.

Ecco, tutto questo veniva necessariamente meno.

Vi mostro ora un video più recente, dove invece ho maturato una consapevolezza totalmente differente.

Guardate la differenza dell'impostazione.

Questi sono i dipinti di un artista affetto da prosopagnosia, un disturbo neurologico che impedisce il riconoscimento dei volti delle persone.

Chuck Close è stato uno dei più grandi pittori contemporanei americani, malgrado i numerosi problemi di salute che hanno segnato tutta la sua vita.

Per superare il suo deficit percettivo, Kroes ha sviluppato una tecnica ritrattistica che unisce pittura e fotografia.

È abbastanza pensate a quanto è famoso Jackson Pollock, quindi io davo per scontato che tutte le persone lo conoscessero.

Qui invece presentavo Chuck Close, un pittore contemporaneo che probabilmente rispetto a Pollock, è conosciuto da una persona su cento.

Qui però ho avuto non dico la malizia, ma la consapevolezza di dover spiegare chi fosse, partendo da un presupposto emotivo.

Ovviamente questa è la cifra stilistica che contraddistingue poi tutti i miei contenuti, diciamo, più maturi per coinvolgere le persone emotivamente e per presentare un aspetto psicologico legato ad un artista che possiamo etichettare come neuro divergente, quindi con un cervello che in qualche modo funziona in modo differente rispetto alla massa.

Ecco, tutti questi elementi sono stati messi sul tavolo immediatamente, accompagnati però da un grado di approfondimento e di presentazione del contesto che cercava.

Ed è questo l'obiettivo primario che mi pongo all'interno di qualunque contenuto, ripeto maturo, che cercava di non tagliare fuori nessuno.

Chiunque è anche una persona che non ha nessun interesse rispetto al mondo dell'arte che non conosce magari dei termini specifici.

Chiunque può fruire di quel contenuto perché lo spiego? Parlo di prosopagnosia, spiego che cos'è la prosopagnosia.

Parlo di un artista contemporaneo, americano, semisconosciuto racconto chi è e faccio in modo che le persone che non sono mai entrate in contatto con quell'individuo, con quell'artista e chiunque possa riconoscere il suo talento, la sua bravura e la sua straordinaria capacità di superare un limite dettato da una neuro divergenza.

Questa è la differenza fra un contenuto iniziale che si rivolgeva ad un pubblico estremamente di nicchia, ad un target che io davo per scontato fosse incredibilmente ampio e invece si è rivelato essere effimero, esiguo e ad un contenuto invece pensato per un pubblico più ampio, perché è più in linea con quello che voglio comunicare, è più in linea con i miei.

Perché ecco, nella fase di impostazione di un progetto, nel momento in cui cerchiamo di definire qual è il nostro target, partiamo dal nostro perché partiamo dalla nostra motivazione intrinseca chi vogliamo raggiungere, chi vogliamo, a chi vogliamo raccontare le cose che ci appassionano e non stringiamo quel target? Cerchiamo di non segmentare il pubblico a priori, perché probabilmente ci stiamo perdendo la parte migliore delle piattaforme dei social perché una persona che già conosce le cose di cui vogliamo parlare tendenzialmente non guarda con entusiasmo un contenuto che conferma le sue idee, Per quanto anche questo sviluppi una dinamica cognitiva che approfondiremo in seguito l'aspetto fondamentale.

La serendipità di cui abbiamo già parlato nel nella fase di introduzione e di analisi contestuale dei social è un aspetto primario dell'esperienza sui social network, trovare qualcosa che ci appassiona, che ci colpisce e non sapere di aver voglia di aver bisogno di scoprire quel dettaglio è un'esperienza un fattore incredibilmente positivo che riverbera nel pubblico e permette la creazione di una community ampia, perché le persone sono per loro stessa natura curiose, hanno soltanto bisogno di incontrare qualcuno che faccia capire loro che esiste un mondo incredibilmente ricco.

E io per primo sono incredibilmente ignorante in tantissimi aspetti che quando incontro un creator che è in grado di appassionarmi alla sua materia e invece scopro essere incredibilmente affascinanti.

Ecco, questo è il lavoro che dobbiamo fare in prima persona.

È un esercizio di nuovo di introspezione, che si lega però ad una motivazione intrinseca.

Partiamo dal perché perché vogliamo comunicare ed è questa, secondo me, la chiave per individuare il target perfetto